Martin (Channing Tatum), appena uscito dal carcere dopo quattro anni di detenzione, torna a casa dalla moglie Emily (Rooney Mara), da tempo afflitta da gravi problemi psichici. Nel tentativo di guarire, la ragazza decide di affidarsi a un nuovo farmaco sperimentale, che le provocherà inquietanti effetti collaterali.

Dopo aver attaccato le grandi compagnie petrolifere nel mediocre Erin Brockovich (2000), Steven Soderbergh rivolge qui l'attenzione verso le case farmaceutiche e il loro crescente potere. Non si tratta però di un'opera di denuncia in senso stretto (risultando tutto sommato debole sotto questo punto di vista), ma vira piuttosto presto verso il thriller più classico ed è in questo campo che mostra tutto il suo potenziale. Vibrante nel ritmo e forte di alcune sequenze da pelle d'oca (l'omicidio coniugale, in primis), è un giallo ad alta tensione, che evoca Hitchcock e che riesce a crescere di minuto in minuto. Essenziale e ben calibrata la regia di Soderbergh che riesce a rendere meno pesanti i problemi di sceneggiatura (firmata da Steven Z. Burns) del film, a partire da una scolastica spiegazione finale. Cast funzionale, in cui svetta Rooney Mara, capace di un'ottima performance in un ruolo tutt'altro che semplice.
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