Falso movimento
Falsche Bewegung
Durata
103
Formato
Regista
Il giovane scrittore Wilhelm (Rüdiger Vogler), spinto dalla madre, abbandona il paese natale per intraprendere un viaggio iniziatico di ricerca interiore. In attesa di ispirazione letteraria, incontra una serie di personaggi che con lui condividono parte del cammino.
Secondo capitolo della “Trilogia della strada” dopo Alice nelle città (1973) e suo potenziale antefatto, dei tre è il film più oscuro ed enigmatico, il meno accessibile a un livello di lettura immediato. Pesante l'influsso letterario di Peter Handke, nel film traslato in verbosi monologhi interiori che accompagnano gli spostamenti di Wilhelm. Cerebrale e freddo come pochi altri lavori di Wenders, in buona parte del suo sviluppo sembra avanzare per inerzia, totalmente slegato da qualsiasi logica di convenzionale consequenzialità narrativa. Vive i suoi momenti migliori quando l'immagine sovrasta la parola, nei lunghi piani-sequenza che senza soluzione di continuità esprimono il senso di un movimento che, mai come in questo caso, è deriva, abbandono, risacca. Nella sua evidente incompiutezza, teorica prima che formale, risulta anche uno dei titoli più pessimisti del cineasta tedesco, qui impegnato nel tentativo di dare forma e consistenza al vuoto. Unico film di Wim Wenders in cui il personaggio interpretato da Rüdiger Vogler non ha il nome di Philip Winter.
Secondo capitolo della “Trilogia della strada” dopo Alice nelle città (1973) e suo potenziale antefatto, dei tre è il film più oscuro ed enigmatico, il meno accessibile a un livello di lettura immediato. Pesante l'influsso letterario di Peter Handke, nel film traslato in verbosi monologhi interiori che accompagnano gli spostamenti di Wilhelm. Cerebrale e freddo come pochi altri lavori di Wenders, in buona parte del suo sviluppo sembra avanzare per inerzia, totalmente slegato da qualsiasi logica di convenzionale consequenzialità narrativa. Vive i suoi momenti migliori quando l'immagine sovrasta la parola, nei lunghi piani-sequenza che senza soluzione di continuità esprimono il senso di un movimento che, mai come in questo caso, è deriva, abbandono, risacca. Nella sua evidente incompiutezza, teorica prima che formale, risulta anche uno dei titoli più pessimisti del cineasta tedesco, qui impegnato nel tentativo di dare forma e consistenza al vuoto. Unico film di Wim Wenders in cui il personaggio interpretato da Rüdiger Vogler non ha il nome di Philip Winter.