La paura del portiere prima del calcio di rigore
Die Angst des Tormanns beim Elfmeter
Durata
101
Formato
Regista
Espulso durante una partita di calcio, il portiere Josef Block (Arthur Brauss) si mette in viaggio verso il paese dove vive una sua vecchia compagna. Solo il cinema e la musica dei jukebox riempiono la solitudine dei suoi spostamenti.
Secondo lungometraggio diretto da Wenders e suo primo film a colori, si muove nella stessa direzione dell'esordio, Estate in città (1970), ma non ne rinnova l'efficacia. Il discorso teorico sullo spostamento fisico, specchio di una inquietudine esistenziale, in questo film silenzioso ed ellittico tratto da un romanzo di Peter Handke, coinvolge poco. Complice un cast non particolarmente brillante, la criptica sceneggiatura che lascia ampio spazio all'interpretazione dello spettatore rischia in più passaggi di scivolare in un esercizio di scrittura. Componente essenziale della messa in scena sono gli oggetti, che accostati alla presenza quasi inanimata degli attori risaltano di una loro intrinseca espressività. I modelli non dichiarati sembrano essere Antonioni e Hitchcock, nell'ambizione di creare un giallo psicologico fondato sull'assenza di comunicazione. Il risultato non è certo memorabile, ma rappresenta comunque una tappa importante nel percorso di maturazione artistica del regista. Solo nell'ultima sequenza è esplicitato il significato del titolo.
Secondo lungometraggio diretto da Wenders e suo primo film a colori, si muove nella stessa direzione dell'esordio, Estate in città (1970), ma non ne rinnova l'efficacia. Il discorso teorico sullo spostamento fisico, specchio di una inquietudine esistenziale, in questo film silenzioso ed ellittico tratto da un romanzo di Peter Handke, coinvolge poco. Complice un cast non particolarmente brillante, la criptica sceneggiatura che lascia ampio spazio all'interpretazione dello spettatore rischia in più passaggi di scivolare in un esercizio di scrittura. Componente essenziale della messa in scena sono gli oggetti, che accostati alla presenza quasi inanimata degli attori risaltano di una loro intrinseca espressività. I modelli non dichiarati sembrano essere Antonioni e Hitchcock, nell'ambizione di creare un giallo psicologico fondato sull'assenza di comunicazione. Il risultato non è certo memorabile, ma rappresenta comunque una tappa importante nel percorso di maturazione artistica del regista. Solo nell'ultima sequenza è esplicitato il significato del titolo.