Glasgow. Lo scapestrato neopapà Robbie (Paul Brannigan), a capo di un gruppetto di evasi dalle galere, sfrutta il suo talento di degustatore di liquori e decide di dare avvio a un colpo da maestro legato al valore di un whisky molto pregiato.

La angel's share cui fa riferimento il titolo originale – e la fedele traduzione italiana – rappresenta quella percentuale di whisky che si rarefà durante la maturazione. Caposaldo astratto e ideale di una bella storia di sottoproletariato (si parla pur sempre di un film di Loach), con annessa redenzione e speranza, La parte degli angeli è scritto con sicura fermezza e piglio decisionista da Paul Laverty, diretto con dolce condiscendenza da un Ken Loach che riconferma d'essere valido anche adoperando tonalità più soffici per raccontare vicende di un certo spessore. Nel suo cinema sopravvivono angherie, microcriminalità e maniere rudi, ma sorprende sempre l'ironia, lieve e duttile, utilizzata per raccontarle. Soprattutto quando, come in questo caso, a farla da padrone è una rigorosa spinta morale verso la salvezza, anche se i modi per giungervi non sono (perlomeno nel plot) del tutto ortodossi. Divertente e irresistibile, a partire da un ottimo incipit. Premio della Giuria al 65° Festival di Cannes.
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