Richard Boyle (James Woods) è un reporter di guerra americano. Nel 1980 decide di recarsi a El Salvador alla ricerca di uno scoop che risollevi la sua carriera. La guerra civile in corso lo toccherà profondamente.

Dopo un inizio di carriera tentennante, Oliver Stone riesce finalmente a trovare la strada giusta, indirizzando al meglio il suo sguardo critico verso l'esercizio indiscriminato del potere: una costante che sarà presente in altri suoi lavori futuri. Salvador è un'opera solida e coinvolgente, che trasporta lo spettatore dentro lo scenario bellico grazie a una regia frenetica e visivamente delirante. Oltre che nell'esprimere notevole talento visivo, la mano di Stone si nota nell'aspra denuncia che la pellicola muove contro Washington, spesso solidale con i regimi totalitari del Sud e del Centro America. James Woods è una garanzia e il film incalza sempre più lo spettatore col passare dei minuti, rendendolo partecipe dello sdegno e della rabbia provate dai protagonisti. A tratti Stone sembra lasciarsi un po' trasportare, sacrificando una descrizione obiettiva a favore dell'esposizione ideologica, ma riesce a non scadere mai nella retorica o nel facile buonismo. La pellicola, acclamata dalla critica e con due nomination agli Oscar (miglior sceneggiatura e migliore interpretazione maschile), non è stata altrettanto fortunata al botteghino: in America ha incassato un milione e mezzo di dollari a fronte di una spesa di circa cinque milioni.
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