Esterno notte
2022
Paese
Italia
Generi
Storico, Drammatico
Durata
330 min.
Formato
Colore
Regista
Marco Bellocchio
Attori
Fabrizio Gifuni
Margherita Buy
Toni Servillo
Fausto Russo Alesi
Gabriel Montesi
Paolo Pierobon
Pier Giorgio Bellocchio


Roma, 1978. L'Italia, immersa in un devastante clima di tensione sociale, sembra essere alle porte di una nuova era politica. Aldo Moro (Frabrizio Gifuni), presidente della DC, poco prima della discussione in Parlamento del cosiddetto "compromesso storico" tra democristiani e Partito Comunista Italiano, viene rapito da un commando armato delle Brigate Rosse. Ha inizio una delle pagine più buie e tragiche della storia del nostro Paese.

Una serie di Marco Bellocchio. La didascalia impressa nei titoli di testa di ciascuno dei sei capitoli di cui è costituito questo monumentale progetto di più di cinque ore, pensato per la TV ma distribuito anche al cinema in due parti, non rende l'idea di quanto effettivamente si veda sullo schermo. Se da un lato c'è una blanda adesione al formato seriale dedicando ogni singolo capitolo a un avvenimento o a un personaggio dominante (il rapimento, Cossiga, Papa Paolo VI, i brigatisti, Eleonora Moro, il tragico epilogo), dall'altro c'è la volontà di comporre un imponente affresco denso di chiaroscuri e rapporti conflittuali nel pieno stile del miglior cinema di Marco Bellocchio. Quello che in Buongiorno, notte (2003) era un quadro per la quasi totalità racchiuso entro le mura dell'appartamento in cui i brigatisti avevano confinato Moro, qui, come suggerisce anche il titolo, l'orizzonte degli eventi si amplia. Unendo sfera politica e sfera privata, due aspetti complementari della medesima tragedia collettiva, il regista piacentino è riuscito a realizzare una magnifica opera sul contrasto tra rivoluzione laica e comprensione cristiana, andando a scavare in profondità con il consueto sguardo metafisico.  A impressionare è il disegno complessivo dell'opera, il cui sottotesto di parabola religiosa lascia più di uno spunto di riflessione sulla figura di Aldo Moro vista come quella di un martire abbandonato da coloro che pensava fossero al suo fianco. Il realismo di Bellocchio, spesso incrinato da impennate oniriche di notevole suggestione (come la cristologica immagine di Moro che porta la croce o i cadaveri che scorrono sulla superficie del fiume), è immerso in una visione cinematografica perfettamente coerente con se stessa. I momenti di enorme potenza espressiva non mancano, sia nel lavoro sugli ambienti, avvolti dalle gravi ombre della colpa, sia, soprattutto, nel lavoro sulle sfaccettature di ogni singolo personaggio, con il Francesco Cossiga di Fausto Russo Alesi che rimane impresso nella memoria per lungo tempo. La molteplicità dei punti di vista è valorizzata anche dal grande lavoro degli attori: impressionante l'intensità di Fabrizio Gifuni, che perfeziona la sua eccezionale mimesi di Moro dopo averlo già interpretato diverse volte a teatro e al cinema in Romanzo di una strage (2012) di Marco Tullio Giordana, ma è impossibile non menzionare anche Toni Servillo nei panni di Papa Paolo VI, personaggio di una solenne gravità morale equamente diviso tra la secolarizzazione della sua figura e l’esigenza della misericordia e del perdono, e Margherita Buy in quelli di Eleonora Moro, moglie di Aldo, in una delle prove più intense, vibranti e sfaccettate della sua carriera. Di pregio anche le citazioni cinematografiche furiosamente incastonate in delle sequenze-chiave, da Anima persa (1977) di Dino Risi nel primo episodio a Il mucchio selvaggio (1969) di Sam Peckinpah nel quarto; così come i riferimenti a progetti “simili” degli anni Settanta per tipologia di produzione come Le avventure di Pinocchio (1972), sceneggiato tv di Luigi Comencini, e Cristo si è fermato a Eboli (1979) di Francesco Rosi, di cui esiste una versione televisiva e una cinematografica. Presentato al Festival di Cannes.


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