The Novelist’s Film
So-seol-ga-ui Yeong-hwa
Durata
92
Formato
Regista
Una giornata di Kim Jun-hee (Lee Hye-young), matura e carismatica scrittrice: va a trovare una vecchia amica che ora gestisce una libreria in periferia, visita la famosa torre panoramica di Seoul dove incontra un regista (Kwon Hae-hyo) che avrebbe dovuto realizzare un film tratto da uno dei suoi libri. Insieme incrociano nel vicino parco Kil-soo (Kim Min-hae), una celebre attrice, alla quale propone di girare un cortometraggio che segnerebbe il suo esordio alla regia. Seguono altri incontri, tra vecchi amici e nuove conoscenze. Dopo una lunga ellissi, il film è pronto e viene proiettato in una piccola sala d’essai — ma forse si tratta solo di un sogno dell’attrice.
Giunto al suo ventisettesimo lungometraggio, Hong Sang-soo — accompagnato nei ruoli principali da quattro dei suoi più affezionati collaboratori degli ultimi anni — non ha paura di tornare sui temi ricorrenti del suo cinema, trattati con piena maturità formale e stilistica: scrittori, poeti, attori e registi chiacchierano tra cibo e alcol, alternando banalità a considerazioni molto più profonde. Fin dal titolo, The Novelist’s Film riflette sulla commistione tra la figura dello scrittore e quella del regista, fino a farne emergere un unico autore, anche se privo di un passato cinematografico. Non è un caso che la protagonista sia Lee Hye-young, figlia di un importante regista degli anni Sessanta e attrice simbolo del rinascimento del cinema coreano degli anni Ottanta: tornata in Corea dopo molti anni trascorsi all’estero, è subito diventata volto ricorrente nei film più recenti di Hong Sang-soo. È lei a sostenere che bisogna recitare liberamente, che sentimenti, sguardi, gesti devono essere reali — pur senza mai cadere nel documentario. Significativa anche la breve presenza del fedele Kwon Hae-hyo, ancora una volta nei panni di un naturale alter ego del regista: un uomo che si interroga sul rapporto tra vita e cinema, si stupisce che i critici trovino i suoi film più “chiari” rispetto al passato, ma che si domanda con disincanto: “Forse sto solo invecchiando”. Con questo film, imperfetto ma suggestivo, Hong Sang-soo ha vinto per il terzo anno consecutivo un Orso d’argento al Festival di Berlino (in questo caso, il Gran Premio della Giuria).