XVII secolo. Quattro fratelli dai diversi caratteri (Lino Capolicchio, Gianni Cavina, Carlo Delle Piane, Giulio Pizzirani) vivono insieme al padre (Adolfo Belletti), ma il loro sogno condiviso è quello di trovare una donna e sposarsi. L'arrivo nella loro casa di Olimpia (Roberta Paladini), una fascinosa musicista, dà al gruppetto qualche speranza, ma non tutto è chiaro come sembra.

Pupi Avati riprende le atmosfere misteriose del suo cult di un paio d'anni prima, La casa dalle finestre che ridono (1976), e torna nuovamente a collaborare con il fratello Antonio e con Maurizio Costanzo nella stesura della sceneggiatura. Forte di alcune suggestioni non banali e poco comuni nel cinema italiano, il film ha dalla sua una buona ambientazione e una discreta cura complessiva nella confezione. Peccato che molti degli stimoli incontrati lungo il cammino debbano fare i conti con un cast inconsistente e con alcune ingenuità narrative e registiche. I pregi non mancano, a partire da un interessante soggetto di base e dalla scrittura del personaggio di Olimpia, capace di unire in sé Amore e Morte, bellezza e tragedia: rimangono però notevoli spunti isolati all'interno di una pellicola incerta che, senza ombra di dubbio, rappresenta una delle principali occasioni sprecate della lunga filmografia di Avati.
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