Due fratelli (Philip Seymour Hoffman ed Ethan Hawke), entrambi con problemi economici, decidono di organizzare una rapina alla gioielleria dei genitori. Il piano è pulito, nessuno deve farsi male e l'assicurazione risarcirà tutto. Ma tutto andrà storto.

Con Onora il padre e la madre Lumet dimostra, alla veneranda età di 83 anni, di voler sperimentare e osare (in digitale) come faceva a inizio carriera. E lo fa con un noir appositamente frammentario, in cui il montaggio incastra tempi e prospettive diverse sprofondando nel buco nero della torbida relazione familiare. Con un occhio al teatro elisabettiano, in particolare ai suoi sanguinari intrighi, il regista porta le azioni degli uomini alle conseguenze estreme: lacrime e commozione vengono frenate, si predilige l'affondo rapido che nel finale si gonfia in una tensione parossistica, eppure credibile perché nata dal degenerare delle psicologie. La metropoli e i suoi vizi generano squilibri quasi inevitabili, e sono i suoi abitanti a pagarne le conseguenze, spesso artefici del proprio sciagurato destino. I corpi maschili ne recano i segni, mentre quello di Marisa Tomei rappresenta invece una vitalità inconciliabile, disegnata da un'attrice che impregna col proprio magnetismo ogni sequenza in cui compare. La sua prestanza fisica si contrappone a quella sfatta di Hoffman, simbolo di una corruzione a lungo ingoiata per poi traboccare con voluta sgradevolezza, muovendo le pedine della tragedia. Ultimo film di Lumet, che morirà quattro anni dopo.
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