Molti anni dopo la condanna a morte dei genitori accusati di spionaggio, Daniel (Timothy Hutton) tenta di far luce sulla vicenda che li vide coinvolti nel clima da caccia alle streghe del maccartismo. Emergeranno dubbi e oscurità sul passato.

Il problema principale del film è proprio il suo testo di partenza, il corposo e denso romanzo di Edgar L. Doctorow The Book of Daniel (1971), che, partendo dalla vicenda dei coniugi ebreo-americani Julius e Ethel Rosemberg (i cui nomi sono cambiati in Rochelle e Paul Isaacson), allargava la prospettiva a un'analisi delle contraddizioni della società americana degli anni Trenta. Lumet sceglie una via non lineare, dove presente e passato si continuano a intrecciare rendendo faticoso l'andamento della pellicola (in effetti, l'opera è un lungo flashback dal punto di vista di Daniel). Una troppo banale condanna della pena di morte e un finale fin troppo conciliatorio indeboliscono la portata della denuncia. L'ideale passaggio di testimone, con Daniel che protesta pacificamente contro l'atomica insieme al figlio piccolo, inoltre, appare come un'enfasi troppo scontata di giustizia circolare.
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