Quinto potere
Network
Premi Principali
Oscar alla miglior attore attrice protagonista 1977
Golden Globe alla miglior attrice in un film drammatico 1977
Golden Globe alla miglior regia 1977
Durata
121
Formato
Regista
Howard Beale (Peter Finch), commentatore televisivo a rischio licenziamento per calo degli ascolti, annuncia il proprio suicidio in diretta. Strumentalizzato dai dirigenti del network, diventerà un idolo mediatico.
Tra i titoli imprescindibili della carriera di Sidney Lumet, Quinto potere è un violento e ficcante atto d'accusa ai media, in particolare alla loro capacità di deformare la realtà a piacimento. Il protagonista è l'incarnazione di questa satira portata avanti con toni accesi, un burattino dal destino già segnato, capace però di mettere a nudo le contraddizioni (e persino i risvolti futuri) non solo di un mezzo, ma di tutta la società. L'operazione ha un carattere profetico capace di resistere al tempo, in cui i personaggi sono strumento per un'indagine sull'uomo contemporaneo e sul suo rapporto con la realtà e la comunità. La televisione è l'emanazione del volere dei suoi magnati, cui tenta invano di opporsi Max Schumacher (interpretato da William Holden), termometro morale della storia. La Dunaway è una delle rare donne protagoniste (pur nella coralità della vicenda) in un lungometraggio di Lumet, ed è un personaggio fondamentale che eguaglia i colleghi in mascolinità, interessata al lavoro più che alla vita sentimentale (parla di televisione anche durante gli amplessi). Il film ha vinto quattro Oscar: entrambi gli attori protagonisti (Peter Finch e Faye Dunaway), l'attrice non protagonista (Beatrice Straight) e la miglior sceneggiatura originale. Musiche di Elliot Lawrence.
Tra i titoli imprescindibili della carriera di Sidney Lumet, Quinto potere è un violento e ficcante atto d'accusa ai media, in particolare alla loro capacità di deformare la realtà a piacimento. Il protagonista è l'incarnazione di questa satira portata avanti con toni accesi, un burattino dal destino già segnato, capace però di mettere a nudo le contraddizioni (e persino i risvolti futuri) non solo di un mezzo, ma di tutta la società. L'operazione ha un carattere profetico capace di resistere al tempo, in cui i personaggi sono strumento per un'indagine sull'uomo contemporaneo e sul suo rapporto con la realtà e la comunità. La televisione è l'emanazione del volere dei suoi magnati, cui tenta invano di opporsi Max Schumacher (interpretato da William Holden), termometro morale della storia. La Dunaway è una delle rare donne protagoniste (pur nella coralità della vicenda) in un lungometraggio di Lumet, ed è un personaggio fondamentale che eguaglia i colleghi in mascolinità, interessata al lavoro più che alla vita sentimentale (parla di televisione anche durante gli amplessi). Il film ha vinto quattro Oscar: entrambi gli attori protagonisti (Peter Finch e Faye Dunaway), l'attrice non protagonista (Beatrice Straight) e la miglior sceneggiatura originale. Musiche di Elliot Lawrence.