Un regista (Jerzy Radziwilowicz) deve realizzare un film con dei tableaux vivants ispirati alla pittura di Goya, Rembrandt, Delacroix e tanti altri, ma fatica a trovare la protagonista. L'amante dello stesso regista (Hanna Schygulla) è la moglie del padrone di una fabbrica (Michel Piccoli) in cui un'operaia lotta per i suoi diritti (Isabelle Huppert). Intanto, un produttore (Laszlo Szabo) esige una storia.

Apice della ricerca formale che Godard ha portato avanti negli anni Ottanta, Passion è un film di grande fascino visivo, dettato in particolare dalla suggestione dei tableaux vivants tornati di gran moda nel decennio dell'Estetica per eccellenza (si pensi anche alle opere di Peter Greenaway). Il regista francese porta avanti tematiche affrontate in passato (la lotta operaia) e altre che tornerà a trattare in futuro (un film da farsi), dando a ognuna il giusto equilibrio. Se nel film le riprese sul set appaiono rigorose e ordinate, lontano dalle luci dei riflettori regna invece il caos, in una dicotomia dentro/fuori, o finzione/realtà, che regala notevoli spunti d'interesse. Non mancano un certo autocompiacimento e alcuni passaggi a vuoto, ma, visto che (anche) di pittura si parla, il quadro questa volta è quasi al livello della sua raffinata cornice. Riconoscere tutti i riferimenti visivi non è cosa da poco.
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