Parigi, 1967. Mentre in Cina è in corso la rivoluzione culturale, nella capitale francese cinque giovani si dedicano a studiare il pensiero di Mao Tse-tung. La loro cellula avrà sede in un appartamento messo a disposizione da una conoscente della leader del gruppo (Anne Wiazemsky): i padroni di casa sono partiti per le vacanze e i ragazzi hanno territorio libero.

Alla vigilia del Sessantotto, Godard mostra un gruppo di giovani pronti a fare la “loro rivoluzione”: il Libretto Rosso di Mao è uno dei libri più venduti all'epoca, e il regista è riuscito a cogliere la portata sociologica e mediatica dell'ispirazione che quel testo può dare ai giovani. Il gruppetto discute di tutto, dall'arte alla politica, tra le mura di un appartamento che si trasforma in una gabbia isolata dal resto del mondo, dove potersi educare alla dottrina marxista-leninista. Il regista procede per accumulo, e nel grande calderone si riflette – a volte in maniera brillante, altre volte in toni un po' didascalici – di teatro, cinema, pittura, politica, fumetti e filosofia. La struttura sperimentale ha buoni spunti anche di stampo warholiano (i ragazzi si confessano di fronte alla macchina da presa, attraverso la tecnica dell'intervista), ma è soprattutto un tavolo, colorato e costruito con cura, su cui servire le idee che l'autore vuole portare avanti. Può stancare, ma La cinese è, ancora oggi, tutt'altro che banale. Ispirato al romanzo La cospirazione di Paul Nizan.
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