Fino all'ultimo respiro

À bout de souffle

Premi Principali

Orso d'argento per la miglior regia al Festival di Berlino 1960

Anno

Paese

Durata

89

Formato

Regista




Michel Poiccard (Jean-Paul Belmondo), ladro di automobili, uccide un poliziotto e fugge fino a Parigi. Qui si mette alla ricerca di Patricia Franchini (Jean Seberg), una studentessa americana che aveva conosciuto qualche tempo prima e di cui si era innamorato. La ritrova, ma lei presto si stufa di lui e finirà per denunciarlo alla polizia.

Il manifesto della Nouvelle Vague, il capolavoro di Jean-Luc Godard, il (vero) capostipite del cinema moderno: è stato chiamato in tanti modi Fino all'ultimo respiro nel corso della storia del cinema, ma qualsiasi definizione, forse, non basta a renderne la portata epocale. Indubbiamente tra gli esordi più impressionanti di sempre, l'opera prima di Godard si avvale della collaborazione di François Truffaut (autore del soggetto), di una coppia di attori in stato di grazia (Belmondo-Seberg) e di un montaggio (Cécile Decugis) semplicemente memorabile. Mettendo in pratica le idee innovative che i “giovani turchi” (oltre a Godard e Truffaut, anche Claude Chabrol, Eric Rohmer e Jacques Rivette) promuovevano qualche anno prima sulle colonne dei Cahiers du Cinéma, il giovane regista costruisce un grande omaggio al cinema del passato (i riferimenti a Humphrey Bogart e al poliziesco americano) con uno sguardo, però, proiettato verso il futuro. Godard rivoluziona il linguaggio della settima arte oltrepassando i convenzionali tabù del cinema classico hollywoodiano: i personaggi guardano direttamente in macchina arrivando persino a rivolgersi verbalmente allo spettatore («Se non vi piace il mare… se non vi piace la montagna… se non vi piace la città… andate a quel paese!»). I piani-sequenza si alternano ai jump-cut (dei veri e propri “salti” della pellicola), la pista visiva è frammentata mentre quella sonora prosegue tranquillamente, gli scavalcamenti di campo sono continui: Fino all'ultimo respiro è un manifesto, anche politico, che arriva a frantumare le regole fondamentali del montaggio contiguo e della narrazione cinematografica. È la miccia che ha portato all'esplosione di un “cinema nuovo”, che attraverserà tutti gli anni Sessanta in diverse nazioni di tutto il mondo. Girato tra le strade di Parigi, in pochi giorni e con un budget ridotto. Nel cast, è presente un autore che Godard amava: Jean-Pierre Melville, che veste i panni di Parvulesco. Il film ha vinto l'Orso d'argento per la miglior regia al Festival di Berlino.



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