Christian Legagneur (Philippe Noiret), noto presentatore televisivo, invita il giornalista Roland Wolf (Robin Renucci) nella sua villa di campagna dove vive con la figlioccia Catherine (Anne Brochet) per aiutarlo a scrivere la sua biografia. Ma Wolf non è esattamente chi dice di essere. Esattamente come ne Il grido del gufo, anch'esso del 1987, Chabrol, insieme alla stessa co-sceneggiatrice Odile Barsky, prende degli elementi hitchcockiani per antonomasia, un delitto, un enigma e una femme fatale (Anne Brochet al debutto sul grande schermo) e li scolpisce a suo piacimento, senza dimenticarsi i dovuti riferimenti. Rimane il cinismo ma si perde il giallo (non sempre adeguatamente avvincente): a Chabrol non interessa smascherare, perché la verità è già visibile agli occhi, e preferisce invece giocare a scacchi con lo spettatore (in parallelo alla partita tra Wolf e Legagneur, vera e simbolica), sottoponendolo a mosse a volte imprevedibili, altre volte più scontate. Nell'assurda casa popolata di segreti e strambi figuranti, non è tanto il crimine commesso a guidare i protagonisti, quanto la paura della morte, fisica e sociale, nel contesto degradante dell'economia dello spettacolo. Legagneur è il principe ipocondriaco e avido di questo spettacolo, ruolo dominante legittimamente assegnato al monumentale Philippe Noiret, che da solo regge l'impalcatura di un film altalenante, ma ricco di momenti da ricordare. Si segnala, in particolare, l'ottimo monologo finale sulle note della celeberrima sigla di Alfred Hitchcock presenta, la Marcia funebre per una marionetta.