Barbarossa
Akahige
Durata
185
Formato
Regista
Primi dell'Ottocento. Aspirante medico dall'indole altera, il giovane tirocinante Yasumoto (Yuz Kayama) viene assegnato a un ospedale pubblico e si scontra violentemente con il direttore Kyoj Niide detto Barbarossa (Toshir Mifune). Capirà il valore della vita attraverso la sofferenza e tenterà di aiutare alcuni reietti, tra cui una quindicenne malata di mente (Terumi Niki).
Akira Kurosawa adatta (con Masato Ide, Hideo Oguni e Ryuz Kikushima) un romanzo di Shugor Yamamoto e, contaminandolo con la poetica esistenzialista dello scrittore russo Fëdor Dostoevskij, mette in scena quei “bassifondi” a lui tanto cari, già tratteggiati nell'omonimo film del 1957. La miseria di un'umanità ridotta quasi al livello bestiale: con la consueta empatia e uno spirito umanitario fortissimo, il regista partecipa alla disperazione dei suoi personaggi (l'adolescente salvata da un destino di prostituzione; il piccolo ladruncolo, interpretato da Yoshitaka Zushi, che avvelena se stesso e la famiglia pur di non soffrire la fame), in un limbo di desolazione comunque rischiarato da una flebile speranza. Al centro della narrazione, il rapporto tra allievo e maestro, il cui incontro non è mai stato tanto distante; e proprio in questo consiste il punto debole del film, con due protagonisti troppo schematicamente opposti e caratterizzati da un'evoluzione a tratti eccessivamente didascalica. In ogni caso, un'importante testimonianza sulla poetica di un autore tra i più importanti del XX secolo. L'opera segnò la fine della collaborazione tra Kurosawa e Mifune, che vinse la Coppa Volpi come miglior attore alla Mostra del Cinema di Venezia.
Akira Kurosawa adatta (con Masato Ide, Hideo Oguni e Ryuz Kikushima) un romanzo di Shugor Yamamoto e, contaminandolo con la poetica esistenzialista dello scrittore russo Fëdor Dostoevskij, mette in scena quei “bassifondi” a lui tanto cari, già tratteggiati nell'omonimo film del 1957. La miseria di un'umanità ridotta quasi al livello bestiale: con la consueta empatia e uno spirito umanitario fortissimo, il regista partecipa alla disperazione dei suoi personaggi (l'adolescente salvata da un destino di prostituzione; il piccolo ladruncolo, interpretato da Yoshitaka Zushi, che avvelena se stesso e la famiglia pur di non soffrire la fame), in un limbo di desolazione comunque rischiarato da una flebile speranza. Al centro della narrazione, il rapporto tra allievo e maestro, il cui incontro non è mai stato tanto distante; e proprio in questo consiste il punto debole del film, con due protagonisti troppo schematicamente opposti e caratterizzati da un'evoluzione a tratti eccessivamente didascalica. In ogni caso, un'importante testimonianza sulla poetica di un autore tra i più importanti del XX secolo. L'opera segnò la fine della collaborazione tra Kurosawa e Mifune, che vinse la Coppa Volpi come miglior attore alla Mostra del Cinema di Venezia.