La sfida del samurai
Yjinb
Durata
110
Formato
Regista
Giappone, XVII secolo. In uno sperduto villaggio dilaniato dagli scontri tra due clan rivali arriva il solitario samurai Sanjuro (Toshir Mifune), che vuole trarre il massimo vantaggio dalla situazione. Tra intrighi e tradimenti, riuscirà a rendere la rivalità insanabile, ma l'istintiva empatia nei confronti del prossimo lo metterà in serio pericolo.
Dopo La fortezza nascosta (1958), Akira Kurosawa continua nel percorso di demitizzazione del genere jidaigeki, ponendo al centro della narrazione un protagonista privo dei valori tipici dei samurai (Sanjuro è un ronin, un guerriero che si vende al miglior offerente), ma esaltandone comunque il profondo e radicato codice morale (la liberazione della segregata Nui alias Yko Tsukasa, che porta alla luce il rischioso doppiogioco). Azione, dramma, un pizzico di western e tocchi di grottesca ironia: la sceneggiatura, firmata dal regista con Ryuz Kikushima, procede tra un ritmo serrato e lampi di humor nerissimo («Uccidere è un commercio molto redditizio, qui»), fondendo elementi diversi per creare qualcosa di completamente nuovo. Uno dei film più sentiti e lineari di Kurosawa, che dimostra una spiccata propensione per l'epica picaresca; anche se l'eccessiva “leggerezza” della trattazione rischia di svilire le disturbanti problematiche di base (i riferimenti agli abusi della yakuza, l'avidità come base primaria della rovina umana). Funzionale la stilizzazione della violenza e un incipit da antologia, con Sanjuro che, attraversando la piazza del paese, incontra solo un cane con una mano in bocca. Presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia, dove Toshir Mifune vinse la Coppa Volpi come miglior attore. Sergio Leone prese ispirazione (rasentando il plagio) per il suo Per un pugno di dollari (1964).
Dopo La fortezza nascosta (1958), Akira Kurosawa continua nel percorso di demitizzazione del genere jidaigeki, ponendo al centro della narrazione un protagonista privo dei valori tipici dei samurai (Sanjuro è un ronin, un guerriero che si vende al miglior offerente), ma esaltandone comunque il profondo e radicato codice morale (la liberazione della segregata Nui alias Yko Tsukasa, che porta alla luce il rischioso doppiogioco). Azione, dramma, un pizzico di western e tocchi di grottesca ironia: la sceneggiatura, firmata dal regista con Ryuz Kikushima, procede tra un ritmo serrato e lampi di humor nerissimo («Uccidere è un commercio molto redditizio, qui»), fondendo elementi diversi per creare qualcosa di completamente nuovo. Uno dei film più sentiti e lineari di Kurosawa, che dimostra una spiccata propensione per l'epica picaresca; anche se l'eccessiva “leggerezza” della trattazione rischia di svilire le disturbanti problematiche di base (i riferimenti agli abusi della yakuza, l'avidità come base primaria della rovina umana). Funzionale la stilizzazione della violenza e un incipit da antologia, con Sanjuro che, attraversando la piazza del paese, incontra solo un cane con una mano in bocca. Presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia, dove Toshir Mifune vinse la Coppa Volpi come miglior attore. Sergio Leone prese ispirazione (rasentando il plagio) per il suo Per un pugno di dollari (1964).