La corona di ferro
Durata
83
Formato
Regista
A Kindaor, un regno fiabesco immaginario, il sovrano Sedemondo (Gino Cervi) uccide il fratello (Massimo Girotti) per usurparne il trono. Suo nipote Arminio (ancora Massimo Girotti) è riuscito a fuggire e, dopo essere cresciuto a contatto con le bestie feroci, è pronto a tornare per vendicarsi.
Attingendo da più fonti stilistiche e narrative (sicuramente esplicito il richiamo a Tarzan o più in generale alla tragedia greca), Alessandro Blasetti costruisce una fiaba imponente e fantasiosa, realizzata con un grande apparato produttivo alle spalle e diretta con mano sicura ed esperta dal suo ideatore. Il regista è interessato esclusivamente a divertire il pubblico in sala, senza ricercare fini artistici elevati, e in questo il suo obiettivo è più che centrato. La pellicola si concede qualche scivolone soprattutto sul finale, ma complessivamente il ritmo rimane costantemente serrato e incalzante. Osando anche con qualche picco di violenza e brutalità (se paragonate, ovviamente, ai canoni dell'epoca), Blasetti si dimostra essere un autore interessante dal punto di vista formale, capace soprattutto di far interagire a dovere i suoi attori, qui decisamente credibili nelle rispettive parti. Alcuni interpreti addirittura vestirono i panni di molteplici personaggi (ad esempio Massimo Girotti), poi connotati diversamente col doppiaggio e il trucco. In scena compare anche il pugile Primo Carnera. Il film si aggiudicò la Coppa Mussolini come miglior film italiano alla nona edizione della Mostra di Venezia.
Attingendo da più fonti stilistiche e narrative (sicuramente esplicito il richiamo a Tarzan o più in generale alla tragedia greca), Alessandro Blasetti costruisce una fiaba imponente e fantasiosa, realizzata con un grande apparato produttivo alle spalle e diretta con mano sicura ed esperta dal suo ideatore. Il regista è interessato esclusivamente a divertire il pubblico in sala, senza ricercare fini artistici elevati, e in questo il suo obiettivo è più che centrato. La pellicola si concede qualche scivolone soprattutto sul finale, ma complessivamente il ritmo rimane costantemente serrato e incalzante. Osando anche con qualche picco di violenza e brutalità (se paragonate, ovviamente, ai canoni dell'epoca), Blasetti si dimostra essere un autore interessante dal punto di vista formale, capace soprattutto di far interagire a dovere i suoi attori, qui decisamente credibili nelle rispettive parti. Alcuni interpreti addirittura vestirono i panni di molteplici personaggi (ad esempio Massimo Girotti), poi connotati diversamente col doppiaggio e il trucco. In scena compare anche il pugile Primo Carnera. Il film si aggiudicò la Coppa Mussolini come miglior film italiano alla nona edizione della Mostra di Venezia.