Trieste, 1927. Emilio Brentani (Anthony Franciosa), scrittore trentacinquenne, è innamorato della stupenda Angiolina (Claudia Cardinale), ma il sentimento e la relazione tra i due non sono dei più facili. Alle sofferenze di Emilio si aggiunge la situazione della sorella, anche lei in crisi sentimentale, e il rapporto con l'amico Stefano (Philippe Leroy), che gli causerà più di un dispiacere.

Bolognini torna ad adattare per il cinema le grandi penne del Novecento italiano, dopo Moravia, trasposto con Agostino(1962), o Pratesi, adattato ne La Viaccia (1961). In questo caso, l'operazione è forse ancor più ardua e proibitiva: quasi impossibile traghettare sul grande schermo il romanzo di Svevo, che nel passaggio dalla parola all'immagine subisce numerose modifiche, finale compreso. Accompagnato dal solito bel bianco e nero di Nannuzzi e graziato dall'apporto di bravi interpreti, il film di Bolognini garantisce una notevole interazione e una perfetta osmosi tra i luoghi fisici e la condizione di inadeguatezza sentimentale di Brentani: il lungometraggio ruota praticamente tutto intorno a questo perno, ovviamente tutt'altro che secondario, e muove da ambizioni altissime che però non sono quasi mai corrisposte da una resa all'altezza. Il ritmo è gravoso, la scioltezza ai minimi storici, il complesso d'inferiorità rispetto alla materia letteraria un cappio non del tutto stritolante o fatale ma di fatto impossibile da sciogliere.
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