Sono un agente FBI

Dal 1924, Chip Hardesty (James Stewart) vede crescere poco alla volta quella che ben presto diventerà la polizia investigativa federale più famosa la mondo, l'FBI. Numerosi sono i banditi che ha combattuto, numerose le organizzazioni criminali sgominate. Giunto ormai sul finire della sua carriera, l'uomo si lascia cullare dai ricordi.

Lo spunto iniziale di questo progetto è sicuramente molto ambizioso e di larga portata, ma Mervyn LeRoy riesce solo in parte a lasciare il segno. I momenti salienti sono ben presenti (l'indagine sul Ku Klux Klan, la lotta con Dillinger) così come risulta efficace il racconto del progredire della struttura federale, passo dopo passo. Ciò che però ostacola, e non poco, la visione, è la tendenza del regista a un'inutile prolissità: come se volesse umanizzare il più possibile il suo protagonista, dedica troppi minuti alle vicende private del personaggio interpretato da Stewart, rendendo così pedante e macchinosa la narrazione, che viene tirata un po' troppo per le lunghe. Il clima e l'ambiente degli anni in cui è ambientato si respirano egregiamente, ma il film non possiede il mordente adatto per reggere il ritmo che ci si sarebbe aspettati da una narrazione poliziesca, finendo ben presto per provocare cali d'attenzione e non lasciando nulla di memorabile.