Vertigine
Laura
1944
Paese
Usa
Genere
Noir
Durata
88 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Otto Preminger
Attori
Gene Tierney
Dana Andrews
Clifton Webb
Vincent Price
Judith Anderson
Waldo Lydecker (Clifton Webb), giornalista dell'alta società, racconta la storia di Laura (Gene Tierney): la ragazza, da lui protetta, è stata trovata senza vita nel suo appartamento di New York. A condurre le indagini viene chiamato il detective Mark McPherson (Dana Andrews) che inizierà presto a maturare una vera e propria ossessione nei confronti della vittima. «Non dimenticherò mai il giorno in cui Laura morì…»: si apre così Vertigine, con una battuta pronunciata su schermo nero, mentre la musica da extradiegetica si fa diegetica e una carrellata ci mostra l'appartamento di Waldo Lydecker. È un inizio magnetico, ipnotico, ambiguo così come sarà il resto della narrazione. Può far venire in mente l'incipit del contemporaneo La fiamma del peccato (1944) o del di sei anni successivo Viale del tramonto (1950), entrambi di Billy Wilder, ma il proseguimento è molto diverso: in una struttura narrativa fortemente trasgressiva, il regista Otto Preminger gioca con le aspettative dello spettatore, arrivando a ribaltarle e offrendo più (possibili) soluzioni dell'enigma. Il detective McPherson s'invaghisce di una donna defunta: s'innamora dell'idea di Laura e, ancor di più, del dipinto che la ritrae in tutta la sua bellezza. La ragazza, però, torna davvero, o forse è soltanto un sogno di un criminologo addormentato, come accadrà anche a Edward G. Robinson ne La donna del ritratto (1944) di Fritz Lang? Preminger non è interessato a svelare, ma a rendere ancor più eterei i contorni di una storia dove cambiano i punti di vista e i narratori, tutti che ruotano attorno a Laura. È uno dei più importanti noir del cinema americano classico, contrassegnato da una forte eleganza formale (la fotografia è stata premiata con l'Oscar) e da un'atmosfera trasognante e, allo stesso tempo, (quasi) perversa. Grande cast, guidato da Clifton Webb. Otto Preminger, che sostituì Rouben Mamoulian, lo considerava il suo primo lungometraggio in assoluto: aveva già diretto alcune pellicole che, però, decise di ripudiare. Tratto dal romanzo omonimo di Vera Caspary, è il (vero) esordio di uno dei registi più significativi e anarchici del periodo.
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