
America oggi
Short Cuts
Premi Principali

Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia 1993
Durata
187
Formato
Regista
Nove storie si intrecciano tra loro in quel di Los Angeles, seguendo il canovaccio di altrettanti racconti dello scrittore Raymond Carver, esponente del minimalismo.
Robert Altman torna sulla scena del delitto di Nashville (1975) aggiornando il capolavoro che fu agli anni Novanta e al loro coacervo di follie e psicofarmaci, di eccessi e personaggi sull'orlo di una crisi di nervi e di un big bang esistenziale. Ventidue attori gravitano attorno a una tappa avanzatissima nella storia del cinema corale americano: ciò che impressiona è la capacità (del regista e dell'autore letterario) di costruire storie magnifiche e dinamitarde a partire da dettagli apparentemente insignificanti; lo sguardo totalizzante di Altman, manco a dirlo, si sposa in modo ineccepibile con lo stile acuto di Carver. La disinfestazione iniziale a opera di un gruppo di elicotteri è una chiosa dal sapore perfino mefistofelico, se pensiamo a cosa si dipanerà sotto gli occhi dello spettatore da lì a poco: un crocevia di personaggi alieni da qualsiasi baricentro morale, allo sbando e privi di coordinate, impossibili da decodificare secondo le categorie di un vecchio modo di guardare il mondo, ormai eclissatosi definitivamente. Con cattiveria e con un cinismo mai programmatico nonostante l'insistenza e le tre ore di durata, per altro magistralmente dosate dal punto di vista narrativo, Altman mostra in maniera impietosa le ceneri dello yuppismo e la sua perversa ontologia, capace di corrodere anche la borghesia più spiantata e le sue false aspirazioni. Un film, a tutti gli effetti, su un morbo antropologico e sulla sua demoralizzante ineluttabilità. Clamoroso successo alla Mostra del cinema di Venezia: Leone d'oro ex-aequo con Tre colori – Film blu (1993) di Krzysztof Kieślowski, Premio FIPRESCI, Premio Pasinetti e meritatissima Coppa Volpi collettiva all'intero cast. In una scena che destò clamore e attenzioni pruriginose, Julianne Moore è completamente nuda dalla vita in giù.
Robert Altman torna sulla scena del delitto di Nashville (1975) aggiornando il capolavoro che fu agli anni Novanta e al loro coacervo di follie e psicofarmaci, di eccessi e personaggi sull'orlo di una crisi di nervi e di un big bang esistenziale. Ventidue attori gravitano attorno a una tappa avanzatissima nella storia del cinema corale americano: ciò che impressiona è la capacità (del regista e dell'autore letterario) di costruire storie magnifiche e dinamitarde a partire da dettagli apparentemente insignificanti; lo sguardo totalizzante di Altman, manco a dirlo, si sposa in modo ineccepibile con lo stile acuto di Carver. La disinfestazione iniziale a opera di un gruppo di elicotteri è una chiosa dal sapore perfino mefistofelico, se pensiamo a cosa si dipanerà sotto gli occhi dello spettatore da lì a poco: un crocevia di personaggi alieni da qualsiasi baricentro morale, allo sbando e privi di coordinate, impossibili da decodificare secondo le categorie di un vecchio modo di guardare il mondo, ormai eclissatosi definitivamente. Con cattiveria e con un cinismo mai programmatico nonostante l'insistenza e le tre ore di durata, per altro magistralmente dosate dal punto di vista narrativo, Altman mostra in maniera impietosa le ceneri dello yuppismo e la sua perversa ontologia, capace di corrodere anche la borghesia più spiantata e le sue false aspirazioni. Un film, a tutti gli effetti, su un morbo antropologico e sulla sua demoralizzante ineluttabilità. Clamoroso successo alla Mostra del cinema di Venezia: Leone d'oro ex-aequo con Tre colori – Film blu (1993) di Krzysztof Kieślowski, Premio FIPRESCI, Premio Pasinetti e meritatissima Coppa Volpi collettiva all'intero cast. In una scena che destò clamore e attenzioni pruriginose, Julianne Moore è completamente nuda dalla vita in giù.