A una brava ballerina di Stoccolma (Maj-Britt Nilsson) viene recapitato il diario di un ragazzo che aveva amato tredici anni prima (Birger Malmsten), morto in seguito a un brutto incidente. Per lei sarà l'occasione di ripensare a quel periodo passato insieme a lui.

Fin dai primissimi anni della sua carriera cinematografica (si pensi a La terra del desiderio del 1947), Ingmar Bergman ha sempre dato grandissima importanza al tempo del ricordo: il passato è un territorio dove (ri)nascono malinconie, rimpianti e speranze ormai dimenticate. La relazione tra i due innamorati è un modo, per il regista, di porre l'attenzione su ogni gesto quotidiano e su quei momenti felici che spesso tendiamo a superficializzare. Se la narrazione può ricordare altri lungometraggi dell'autore, quello che davvero colpisce è l'apparato visivo e sonoro del film: per la prima volta Bergman dimostra una perfetta padronanza del mezzo tecnico, e compone una sinfonia audiovisiva di struggente bellezza, dove la musica classica e i paesaggi nordici sono i veri protagonisti. Notevolissima fotografia di Gunnar Fischer. È il primo film davvero importante che Bergman abbia firmato in carriera.
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