Il pittore Johan (Max Von Sydow), misantropo e solitario, vive insieme alla moglie relegato su un'isola lontana dal mondo. Sul suo diario annota demoni e paure che verranno a galla confondendo mondo reale e immaginario.

«L'“ora del lupo” è l'ora tra la notte e l'alba. È l'ora in cui molte persone muoiono, quando il sonno è più profondo e quando gli incubi sono più reali». Ingmar Bergman realizza il suo “horror” nella consapevolezza che l'orrore è il terreno basico della natura umana, la dimora inquieta che pullula di nevrosi, deliri e ossessioni. Ne deriva un film dolorosamente personale che inscena la progressiva perdita di realtà di un artista intrappolato nella sua stessa immaginazione. Al centro dell'opera vi sono infatti alcuni dei temi più cari al regista: l'isolamento, la follia come condizione feconda di creatività, il potere demiurgico dell'arte che arriva a carnalizzare la propria materia, la paura per un'alterità enigmatica. Indimenticabile la luce abbagliante del flashback, i suoi bianchi in grado di accecare, come fosse la libera manifestazione di un rimosso troppo devastante per essere tollerato. Menzione obbligata per Max Von Sydow e Liv Ullman che, come loro solito, giganteggiano.
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